ITALIANO

 

La tavola degli italiani

 

Redacción: Carmen Martín

 

 

Pensare a intraprendere un viaggio per gli ingredienti basici della cucina italiana ci fa venire l’acquolina in bocca. E’ fantastico poter risvegliare la memoria dei vecchi sapori e odori. Infatti, è noto che la cucina italiana è tra le più rinomate del mondo, ma non è meno certo che non è sempre stata così popolare come lo è adesso in tutto il mondo. I tempi in cui l’Italia si conosceva all’estero solo per la pizza e per i maccheroni ormai è tramontato. In realtà non esiste una sola cucina, dalle Alpi al punto più lontano dello stivale esiste una varietà incredibile. Se pensiamo alle diverse realtà microclimatiche, alle vicende particolari di ogni regione capiremo meglio la scia lasciata sui ricettari. Dunque, l’arte della cucina italiana non si può presentare come una tradizione unica, pur trovando elementi unificatori. Perciò, la varietà regionale, la qualità dei prodotti, l’entusiasmo per la tradizione sono i cardini che sostentano questa cucina.

Pensare a come sono nati piatti ormai famosi oltralpe o ai diversi aneddoti legati alle delizie del palato così come ai personaggi storici che ci hanno avuto a che vedere, ci è sembrato talmente interessante da proporre Milena Nicosia perché ci parli di “La tavola degli italiani”
Per esempio la pizza risale ai tempi dei romani che mangiavano una specie di focaccia, conosciuta in latino come “picea”. Invece, l’attuale nome è di origine medioevale. Però una definizione la documentiamo in uno studio ottocentesco su usi e costumi di Napoli: “pasta di pane stirata finemente con un mattarello da condire con tutto ciò che uno vuole. Inoltre si indica che il condimento si può ripiegare su se stesso, ovvero il calzone (pizza a calzone). Si dice che a Napoli il re Ferdinando di Borbone visitò un forno e subito si affezionò, ma dovette camuffarsi da semplice cittadino perché la regina non condivideva i suoi gusti.
Il successivo sovrano Ferdinando II fece che questo tondo manicaretto fosse accettato nell’alta società. Tanto gli piaceva che si fece costruire dei forni speciali per potersela godere con i suoi ospiti.

imagen Con l’unificazione di Italia nel 1861, la casa Savoia occupa il trono.Umberto I e la regina Margherita visitano Napoli nel 89. Lei ordina una pizza e il pizzaiolo ne prepara una con i tre colori della bandiera: basilico, mozzarella e pomodoro. Il successo fu tale che venne battezzata pizza Margherita.
Oggi si mangia in tutto il Bel Paese ed esistono moltissime varianti. Alcune catene alimentari americane l’hanno fatto diventare il piatto forte. L’arrivo della piazza in America si deve all’emigrazione alla fine del XIX e inizio del XX, per lo più di meridionali, negli Stati Uniti in cerca di fortuna. Loro molto legati alle tradizioni si dedicarono al piccolo commercio con alcuni articoli di importazione Poi aprono le prime pizzerie con grande successo. Opportunità che approfittano le grandi catene alimentarie per promulgare la pizza ovunque, un altro paio di maniche è se la preparano in modo non sempre ortodosso.
Non si può fare a meno di parlare della pasta. Le ricerche storiche sulle sue origini non concordano, motivo per il che si esclude un’origine unica. Si devono riccorrere diverse piste: etrusca, romana, araba e forse cinese.

 

In alcune tombe etrusche ci sono rilievi che rappresentano utensili per farla in casa, di forma piatta. I romani la chiamarono lagana, da cui l’attuale lasagna.. Dall’altra parte ci sono dubbi se i mercanti della via della seta introdussero gli spaghetti della Cina in Italia. La pista araba è più certa. durante l’espansione dell’Islam prima del 1000 d.C., le carovane portavano riserve alimentari di pasta essiccata. Esistono documenti arabi in cui si dice che i “tria”, fili di farina, si fabbricavano a Palermo. Dal 1300 esistono notizie sulla pasta, in concreto di quella ripiena. Per quelle secche si dovrà aspettare il XIV secolo. Con il Rinascimento i rapporti commerciali si intensificano. Arrivano paste del nord di piccole dimensioni e colore giallo che venivano colorate con lo zafferano, paste del sud di formato lungo. In quell’epoca era cibo da ricchi. Lo stesso Duca Ferdinando di Borbone faceva la pasta a casa aiutato dalle figlie.

Un altro prodotto è un formaggio, il Parmigiano Reggiano. Prodotto nella zona dell’Emilia, viene utilizzato dal medioevo come condimento per la pasta. Un altro tipo, abbastanza conosciuto, è il Gorgonzola, di origine piemontese o lombarda. Caratterizzato dalla muffa verde, si dice che nasce per errore. Sembra che un pastore se ne dimenticò della cagliata del latte che aveva messo in un recipiente, e quando si ricordò, trovò un formaggio gustoso e piccante. Oggi si fa con il latte di mucca, caglio e spore di penicilli; inoltre la forma si buca con aghi di rame per favorire il passo dell’aria nella pasta del formaggio.
Per quanto riguarda al condimento dei piatti, uno dei prodotti più importante è l’olio d’oliva. E’ conosciuto ovviamente tra le culture mediterranee. Posteriormente con il dominio dei popoli germanici si promuove il grasso animale. Anche la Chiesa ebbe la sua parte. Nel Medioevo il calendario liturgico obbligava durante la quaresima ad astenersi di prodotti animali. L’alternanza tra olio e lardo si documenta nei ricettari di quei anni. Il lardo entrò nell’uso comune, e in certi momenti l’olio era un prodotto caro, soprattutto nella zona in cui non si coltivava l’olivo. Poi si consentì l’uso del burro, specialmente al nord, perché i mercanti in quaresima mandavano nel nord Europa gli oli di peggiore qualità. Da qui il burro diventa prodotta alla moda in tutta Europa..

Caterina de’ Medici sposò Enrico di Valois, re di Francia nel 1547. La storia racconta che lei arrivò alla corte con cuochi, pasticceri, e panettieri italiani che
rivoluzionarono la cucina francese. Subentrando un’alimentazione fresca e condita con l’olio di oliva. Anche la tavola si trasformò al punto di dare un’eleganza mai vista. Si fece portare cristallerie pregiate, stoviglie in ceramica raffinatissima. Introdusse anche la forchetta.
Con l’olio è obbligato parlare dell’aceto, e il più famoso è l’Aceto balsamico di Modena. Nel Medioevo si usava invece come toccasana. Alcune famiglie nobili si vantavano della propria produzione, esempio di ciò è quella degli Este.

La durata dell’invecchiamento dell’uva bianca e zuccherina è direttamente proporzionale alla sua bontà.
Anche i dolci meritano un trattamento di riguardo. Soprattutto i dolci delle feste. Il buonissimo panettone natalizio, la squisita Colomba pasquale, Il famoso Panforte senese legato alla festa del Palio.
Parlando di dolci non si può trascurare la cioccolata. A un piemontese si deve la creazione del cioccolatino Gianduiotto, fatto con nocciole e cacao, creato in onore della maschera popolare Gianduia, Durante il Carnevale le maschere percorrevano le strade di Torino offrendo questa leccornia.
Durante la festa di Pasqua si usa regalare le uova di cioccolata con dentro un regalo. Tradizione che realmente proviene dalla Francia dal re Sole. E gli italiani mostrano un gusto particolare per le sorprese e frasi eleganti, come dimostrano i “Baci” della Perugina con i bigliettini con un pensiero d’amore.
Se si parla di dolci non si può tralasciare il gelato. Anche qui sull’origine ci troviamo con notizie controverse.
Per quanto riguarda il caffè, arriva a Venezia nel XVII. Oggi, però, si prende a qualsiasi ora del giorno, Tra i tipi più famosi, il cappuccino.
Un ricco pranzo e dopo il caffè conclude con un liquore o vino dolce, come il Marsala. E buon appetito!