Texto: Jesús Jurío
Dipartimento di Italiano
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Siete venuti allo splendido concerto che ci ha offerto lEnsemble
Durendal il 31 gennaio scorso? Ve lo siete perso? Non importa. Ci
sarà una nuova occasione per potervelo godere. Intanto vi
proponiamo i testi delle canzoni italiane, che rappresentano generi
diversi (comico, amoroso...) con dei registri linguistici pure diversi
a seconda del tipo di testo.
Noterete come è cambiata la lingua italiana dal Rinascimento
a oggi, anche se molto spesso sarete in grado di capire i testi.
Per cominciare, Il bianco e dolce cigno rientra nella
poetica provenzale, con gli ossimori del tipo cantando more
-muore-, io moro -muoio- beato, e le immagini,
i doppi sensi e i ragionamenti secondo i quali amare è morire
damore, il che rende felice chi di questa morte perisce.
Si tratta di un madrigale di un musico fiammingo arrivato in Italia,
Jacques Arcadelt.
Il bianco e dolce cigno cantando more: / ed io, piangendo, giungo
al fin del viver mio.
Strana e diversa sorte! Chei more sconsolato, ed io moro beato.
[ei = egli]
Morte che nel morire mempie di gioia tutto e di desire. [desire
= desiderio]
Se nel morir altro dolor non sento, di mille mortil dì
sarei contento. [mortil dì = morti al giorno]
Madonna tu me fai è sempre un lamento, ma non
causato dallamore platonico elevato della canzone
precedente, ma piuttosto riferita a un rapporto più carnale,
del poeta con una donna che gli fa le corna. È in una specie
di dialetto napoletano, e per tanto si allontana di più dallitaliano
standard attuale. Sia lautore del testo che il compositore
restano anonimi, e sappiamo solo che la canzone è napoletana
del Cinquecento.
Madonna, tu mi fai lo scorrucciato: che taggio fatto che griffi
la cera?
Anema mia, questa nè via de cuntentar staffannatu
core.
Me par che mhabbi in tutto abbandonato, che non taffacci
allhora della sera.
Anema mia ...
Va, figlia mia, che ci haggio addivinato, che saccio con chi
giochi a covallera
Anema mia...
[Madonna = Mia signora; Anema = anima] [mi fai lo scorrucciato =
mi fai del male, mi offendi] [che taggio fatto = che ti ho
fatto?] [griffi la cera = mi guardi male, mi fai una brutta faccia]
[questa nè via = questo non è modo] [cuntentar
staffannatu core = rallegrare questo triste mio cuore] [mhabbi
= mi hai] [saccio con chi giochi a covallera = so con chi fai lamore]
Che debbo far, la terza canzone italiana del concerto,
ha un autore musicale conosciuto, cioè Bartolomeo Tromboncino
(1470-1535), e il testo appartiene al poeta Francesco Petrarca (1304-1374),
forse il più noto poeta rinascimentale europeo. Si tratta
dei primi 22 versi della poesia CCLXVIII dallo stesso titolo, in
tutto 82 versi, del famoso Canzoniere, di cui trovate traduzioni
in tutte le lingue del mondo.
Per quel che riguarda la comprensione del testo sono da notare alcuni
accoppiamenti di pronomi (meco, teco, seco = con me, con te, con
se rispettivamente), forme verbali come poria = potrei, e termini
oggi usati poco come cagion = causa. Il tono è sempre un
lamento amoroso perché forse la più famosa amata della
poesia italiana, madonna Laura, è morta lasciando solo il
poeta in questo mondo ingrato.
Che debbo far? Che mi consigli, Amore? / Tempo è ben di
morire, Et ho tardato più chi non vorrei. /Madonna
è morta, et ha seco il mio core; E volendol seguire, / Interromper
conven questanni rei; [rei = tristi, infelici]
Perché mai veder lei / Di qua non spero, e laspettar
mè noia;
Poscia chogni mia gioia, / Per lo suo dipartire, in pianto
è volta, Ogni dolcezza de mia vita è tolta.
Amor, tul senti, ondio teco mi doglio, /Quantèl
danno aspro e grave; E so che del mio mal ti pesa e dole, / Anzi
del nostro; perchad uno scoglio Avem rotto la nave, / Et in
un punto nè scurato il sole.
Qual ingegno a parole / Poria aguagliare il mio doloroso stato?
Ahi orbo mondo ingrato! /Gran cagion hai di dever pianger meco;
Ché quel bel chera in te, perduto hai seco.
Per finire il concerto ci offrirono un pezzo comico di Orlando di
Lasso (1532-1594), una canzona todesca, in cui lamante
non offre allamata belle parole come Petrarca, ma baciarla
e ballare come montone (allusione chiaramente sessuale). La comicità
sta nella parlata tedesca Matona = Madonna, mi
= io, folere = volere, luso dellinfinito
al posto del presente mi folere = io voglio, mi
cantar = io canto, ecc.
Matona mia cara mi folere canzon: / cantar sotto finestra, Lantze
buon compagnon.
Don don don...
Ti prego mascoltare, che mi cantar de bon, / e mi ti foler
bene, come greco è capon.
Don don don...
Comandar alle cazze, cazzar con le falcon / mi ti portar beccazze,
grasse como rognon.
Don don don...
Si mi no saper dire tante belle razon, / Petrarca mi non saper,
né fonte dHelicon.
Don don don...
Se ti mi foler bene mi non esser poltron, / mi baciar tutta notte,
ballar come monton.
Don don don...
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