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.Concorso racconti 2009-2010

   

 

..Ecco i raccontivincitori di tutte le categorie:


Il desiderio

All’improvviso apro gli occhi e vedo nel buio i miei occhi svegliarsi con me. Vedo attraverso le nuvole la luce degli aerei, delle città, delle macchine, dei treni...
Ascolto i rumori dei boschi, del vento e del mare.
Accanto a me le mie amiche fedeli raccontano favole, corrono e ridono quando voglio cantare. Mi piacciono i loro giochi. Le stelle sono così, sempre felici!

Esprimo un desiderio: voglio vedere il giorno una volta nella mia vita. Ma è sempre lo stesso, non si avvera mai.
Sono stanca, anche le stelle si spengono.
Come ogni mattina ascolto la voce del mio amico invisibile:
- "È l’ora, amica mia!"
- "Buon giorno, Sole!"
- "Buona notte, Luna!"

Cécile Lallet. Nivel Básico 1. E.O.I. de Pamplona

 

Basilico Tormentoso

Era una notte buia e tormentosa.
Aspettavo questo momento da molte settimane. Guardavo nervosa fuori dalla finestra quando un nuovo raggio mi fece tornare indietro, ma ormai era fuori dubbio, era il segnale atteso.
Corsi alla porta più vicina e, allo stesso tempo, presi un impermeabile leggero, degli stivali e un coltello pronto per l’ uso.
Di nuovo un altro lampo illuminò la via. Corsi come una matta, avevo appena il tempo per compiere il mio proprio dovere. La collina era vicina ma il vento e la pioggia mi spingevano nel nulla...
Ci mancavano soltanto alcuni secondi, non potevo vederlo ma sapevo che era lì. Il mio coltello lampeggiò nel buio mentre lo alzavo sopra la mia testa.
In quello stesso momento la campana della chiesa suonò: uno, due, tre tocchi di campana. Era l’ora giusta. Non esitai: una, due, tre coltellate accurate tagliarono la notte.
Alla fine, la ricompensa rendeva meritevole l’attesa.
Scesi la collina, non sentivo né il freddo, né la pioggia. Ero molto contenta perché non tornavo a casa a mani vuote: nelle mie mani portavo il coltello e il frutto di tutte le mie ossessioni.
Sorridevo, la notte era stata favorevole. Guardai orgogliosa il grosso mazzo di basilico sul tavolo della cucina. Non ricordo di aver mai sentito quello sconforto dopo un lavoro.
Ho sentito anche il bisogno di raccontare il mio segreto: solo il basilico raccolto la notte, in mezzo a una tempesta, ha quel sapore speciale. Solo adesso si può capire che il mio "pesto" ha quella magia che nessuno sapeva, fino a quando alla fine ve l’ho fatto conoscere.

Ana Velasco Albaño. Intermedio. E.O.I. de Pamplona

 

Chi sono?

Era una notte buia e tempestosa, la strada era vuota e non c'era nessuno. Io avevo fame, pioveva, tirava vento, faceva freddo e non sapevo bene dov'ero, dove andare e cosa fare. Ero perduta, non capivo niente, camminavo in fretta e neanche capivo perché non ricordavo nemmeno il mio nome. Chi sono? Pensavo, perché sono qui? C'era un telefono in una piazza grande vicino a me ma non potevo chiamare nessuno, non sapevo chi. C’erano case, macchine parcheggiate ma nessuno intorno, e pioveva, pioveva molto. Erano le dodici e mezza. Ho visto subito un ragazzo che faceva una passeggiata con il cane. Vado da lui, ho pensato, ma non sapevo cosa chiedere, non potevo dire nulla. Come spiegare che non ricordavo chi ero? Dov'era la mia casa?
Improvvisamente ho sentito una macchina, erano i carabinieri. Mi hanno chiesto tante cose ma non potevo rispondere. Alla fine mi hanno portato in ospedale senza spiegazioni, ed adesso sono qui, a parlare con Lei e ancora non capisco nulla. Può spiegarmi cosa cè?
- Signora Francesca –ha detto il dottore– Lei ha una malattia che fa dimenticare, questa malattia si chiama alzheimer. Suo figlio Marco sta arrivando, non si deve preoccupare. Andrà presto a casa e dimenticherà tutto quello che è successo stasera.
– Francesca?- Ha chiesto la signora.

Aitziber Iturricastillo Arrizabalaga. intermedio B1. E.O.I. de Bilbao

 

L’Orchestra

Era una notte buia e tormentosa. La pioggia batteva sui vetri con tanta forza, come un ladro impaziente che volesse entrare nella casa.
Dal letto non si vedeva quasi niente. Le coperte umide non permettevano muoversi e il freddo regnava sulla stanza. Immobile, ascoltavo quell’acqua testarda che lottava contro il tetto della casa senza pausa.
Il vento miagolava nell’aria, portando migliaia di gocce, ognuna gridando una nota musicale con un canto stonato. A contrappunto, il verde scuro del mare ruggiva e mordeva le rocce.
All’improvviso, le nuvole sputarono un tuono spaventoso. Il cuore a mille all’ora, vidi il fulmine illuminare, in subita radiografia, lo scheletro bianco della mia stanza. Il vecchio armadio, la tavola, il vestito sulla sedia. Tutto strano. Così fermo, così zitto. Tanto che mi faceva paura e, per un attimo, ebbi voglia di cercare un rifugio dove quell’orchestra selvaggia non suonasse più.
Sotto le lenzuola, immaginavo il faro che custodiva l’isola e sorvegliava il mare. Il vento furioso mi faceva anche sentire un tono minore, una melodia ancestrale di solitudine e abbandono che cantava con lui. E, nel pensiero, i colori rosso, bianco e nero. Gessetti e terre minerali.
Sotto quel cielo dolente, al ritmo di quella musica pazza, ho tirato fuori dal letto le mani tremolanti e, a modo di antica preghiera, ho dipinto un bisonte immaginario nell’aria fredda della mia caverna, su quell’isola, più isola che mai.

Ana Martínez Menaya. Intermedio B1.1. E.O.I. de Bilbao.

 

Il ritorno

L’aereo sta alzando il suo muso metallico verso il cielo grigio in questo tramonto freddo e piovoso. Per la prima volta non sento paura mentre superiamo le montagne innevate. Mi guardo intorno e vedo volti tristi, disorientati, angosciati. Non è mai facile un ritorno. Per me è tempo di fare i conti con me stesso: il mio avvenire europeo, tu ,sei già parte del mio passato, devo ammetterlo ormai. Quel poliziotto cafone mi guarda come se fossi stato io a rovinargli il fine settimana. Mi accomodo sul sedile. Guardo giù la terra sottostante e penso ai cammini, alle strade, alle città nelle quali i miei piedi si sono trascinati da un posto dove non mi hanno voluto ad un altro dove mi hanno odiato.
Penso ai lavori che ho dovuto fare ed alle parole mai imparate bene. "Vu cumprà" dicevo mentre pensavo che quel turista riccone continuava anche lui a sfruttarmi con quelle borse di finto lusso.

La terra è ormai sparita. Sotto di noi, solo il buio mare, nero come la mia pelle, come il mio futuro. Penso alle onde che hanno quasi distrutto la barca con la quale due anni fa ho iniziato quest’avventura, anzi sventura pazzesca. Un brivido di paura e freddo mi attraversa. Mi viene voglia di piangere ma non piangerò mai. Appartengo ad un popolo che ha dovuto pagare molto per non vivere mai in ginocchio. Ne sono molto orgoglioso. Non l’ho dimenticato nonostante il tempo e la distanza oceanica.

Il viaggio sta per finire. La notte lotta contro l’aurora che sa di essere vincitrice. Attraverso il finestrino vedo già all’orizzonte la terra rossa e verde, i colli lontani sotto un cielo blu rosso e viola. Ancora una volta mi guardo intorno. Il poliziotto si è addormentato stanco di non fare nulla. Quei visi spaventati all’inizio del viaggio sono diventati volti orgogliosi, coraggiosi. In silenzio, qualcuno si è appena svegliato, ci guardiamo, quasi sorridendo. Ce l’abbiamo fatta senza neanche volerlo: siamo rientrati e questa volta è stato lo Stato a pagare i biglietti. Niente in mano, niente in tasca. Tanto da raccontare. Tante cose che rimarranno soltanto rinchiuse nei nostri incubi.

Le ruote stanno già sfiorando la terra africana, la mia culla, la mia patria, in cui ritorno con l’onestà di chi non l'ha mai tradita, non l’ha mai dimenticata. Sono invaso da un senso di pace, provo il sapore della speranza, ce l’ho in mano. La mia terra, la mia casa, la mia gente, la mia cultura antica, ancestrale: il mio unico bene.
Però questa notte mentre volavo sul mondo mi sono reso conto che non ti ho mai scordata, che non l’ho fatto mai, perché ho sognato le nostre porte spalancate al futuro, perché non voglio morire senza averci provato, io sono finalmente tornato, tesoro, ed ora aspetto che tu mi raggiunga, che la nostra terra ci accolga di nuovo.

Roberto Izquierdo. 2º Avanzado. E. O. I. Pamplona